NOI NON CI INCHINIAMO

Ormai in molti ambiti ” culturalmente corretti “suscita il solito clamore chi non si inchina al pensiero unico dominante e avanza pareri e opinioni ritenute invece ” politicamente scorrette “, soprattutto se inquadrate nel contesto della dibattuta riflessione legata all’ideologia  Gender.


Con buona pace di quanti non si rassegnano all ‘idea che esiste davvero e per affermarlo e’ stato necessario che un milione di persone, in piazza San Giovanni lo gridassero a gran voce, a Roma una dirigente scolastica, con grande coraggio e premura educativa ha mandato una circolare a tutti i genitori, nella quale metteva al corrente le famiglie rispetto le nuove possibilità con le quali la scuola dietro la nobilissima lotta alle discriminazioni,  avrebbe continuato ad introdurre linee educative ispirate al Gender, sulle quali era necessario vigilare.
Sulle modalità di comunicazione adottate dalla dirigente, si potrebbe argomentare, ma su come ha reagito il Miur imponendo addirittura una circolare di scuse alle stesse famiglie, davvero e’ sembrata una mossa tesa ad umiliare, silenziare, piuttosto che invitare la dirigente ad approfondire temi così importanti, intorno ai quali certamente aveva molto da dire e molto da proporre.
Oltre ad esprimere solidarietà, le auguriamo comunque  possa proseguire con la stessa attenzione e sollecitudine educativa, il suo ruolo dirigenziale, non in termini di comando ma di servizio, perche’ di questo c’è davvero necessità, servire la cultura per educare al rispetto di tutti senza imporre visioni ideologiche a nessuno.
Questa era l’unica intenzione della coraggiosa dirigente.
In tutta questa vicenda e in altre, appare come ormai qualunque aspetto legato alle tematiche gender, anche se posto in un dialogo di confronto sereno, come spesso è accaduto,  sia inevitabilmente soggetto ad essere inquisito, consolidando un terrorismo psicologico che purtroppo non risulta giovare, quanto invece  indebolire il rapporto scuola famiglia, già così denso di sospetti. .
Nella scuola oggi, la riflessione comune sulla necessita’ di decostruire stereotipi nocivi per l’attuazione dei principi di pari opportunità passa attraverso quello che la nuova riforma chiama nellart. 16 l’educazione alla parità tra i sessi per la prevenzione della violenza di genere e di tutte le discriminazioni.
Questo approccio sembra essere l’unico su cui potersi misurare, il rispetto nei confronti delle persone, sembra non tenere in nessun conto tutta la fetta di genitori e famiglie consapevoli, che rifiutano invece questa linea perche’ ritenuta ambigua e a servizio di una terminologia volta ad introdurre il gender come nuova e moderna visione dell’uomo e della famiglia.
Visione non condivisa e ritenuta anche poco chiara, perchè il modo di veicolare certi contenuti, passa  troppo spesso attraverso la riduzione delle differenze tra maschietti e femminucce a qualcosa di generico, non definito nei contorni, dubbio…
Il perche’ oggi l’istruzione debba passare attraverso questo stravolgimento antropologico, si fa fatica a comprenderlo.
Quando poi si leggono le cifre che supportano tali progetti, l’ordine delle cose prende un volto assai più chiaro…
 Per questo continueremo a parlarne, a ritenere che sia giusto tenere alta l’attenzione su temi educativi tanto delicati, quanto controversi, sui quali genitori e famiglie avranno sempre la priorità di valutare fino in fondo quanto questo sia buono o meno per i propri figli.
La bella notizia per tutti e’ che ancora siamo in un paese democratico, quella brutta, e’ che non si sa ancora per quanto.

A Venezia, per rispettare questo diritto, i libricini gender, del progetto ” Leggere senza stereotipi” costato ai contribuenti circa diecimila euro, sono stati ritirati dal primo cittadino, ritrattando la scelta di chi, avendo esercitato il potere per farlo, li ha imposti nelle scuole, come nobile proposta, uguale ma differente nei contenuti, a quella che da sempre nelle istituzioni scolastiche e’ premura e sensibilità strutturando percorsi per il rispetto delle diversità, l’intercultura , l’ apertura al dialogo inter religioso, ect, ma stavolta c’e’ stato molto di più, oggi c’e’ in gioco lo stravolgimento della visione dell’ uomo e della famiglia, composta da una mamma e un papa’,  che nella loro unione danno la vita ai figli.
Per favorire un clima gayfriendly, sul quale nulla da eccepire, se relativo al rispetto e l’ uguaglianza di cui gode ogni cittadino in base all’art. 3 della nostra Costituzione, si e’ verificato un po’ di tutto.
In moltissimi scuole d’Italia si sono verificate circostanze dove si e’ andati oltre la semplice proposta e che hanno spinto un milione di persone ad essere parte attiva nella manifestazione del 20 giugno.
Perché non si parla con la stessa enfasi di disabilità, non si   programmano  percorsi specifici di sensibilizzazione per esempio, al tema dei bambini con sindrome di down,  con disturbi legati all’autismo, all’iper attività, all’obesità… venire a spiegare le loro storie, la loro vita in famiglia, come vivono l’amore, le amicizie etc… per loro scrivere libricini da leggere e commentare in classe.
Eppure per questi casi di così rilevante importanza, non ci sono fondi per pagare progetti di qualità, su queste tematiche i giornali non hanno nulla da dire, non  stampano libri.
Con le buone intenzioni di non discriminare nessuno, la delegata a Sindaco Camilla Seibezzi, non ha pero’ rispettato le intenzioni di tutte quelle famiglie non interpellate sulla validità del progetto “Leggere senza stereotipi”.
Qualcuno diceva che anche l’inferno e’ lastricato di buone intenzioni e giustamente quando vengono proposti progetti di non discriminazione siamo tutti d’accordo, genitori per primi, il problema si pone quando ci si accorge che non discriminare sembra coincidere con il dover accettare che ai propri figli vengano spiegate scelte operate dagli adulti, nelle quali i genitori in primis non solo non le condividono ma neanche gradiscono che a farlo siano persone esterne l’istituzione scolastica  e che se ne occupi la scuola piuttosto che la famiglia stessa del bambino.
C’è già una società in fermento che dai social network alla televisione, offre a bambini e ragazzi molteplici informazioni spesso fuori controllo dall’occhio vigile dei genitori, scegliere di riprendersi l’educazione dopo averla data per troppo tempo in appalto alle istituzioni credo sia atto degno di ogni lode.
Il nuovo sindaco ritirando i libretti dalle scuole del suo Comune tenta di rimettere le cose al proprio posto, rispettare il diritto dei genitori su questi temi, che oggi più che mai il Miur, che su questo nelle dichiarazioni degli ultimi giorni ha sottolineato, niente gender nelle scuole. (Toccafondi il 4 Luglio lo ha ribadito a nome del ministro con tanto di circolare dopo alcuni giorni, firmata dal direttore Giovanna Boda) vuole che a questo sia data la massima priorità.
Una cosa e’ condividere in linea generale che due persone dello stesso sesso amandosi costituiscano una coppia affettiva, degna di ogni rispetto, altro e’ imporre il concetto di assoluta normalita’ nel concepire tali unioni, come normali famiglie con figli.
E’ vero che alcune si sono autocostituite come tali, e di questo la scuola e la società ne terrà  conto in virtù’ di quei bambini , che sono parte integrante del tessuto sociale e hanno pari dignità come tutti  gli altri, diritto ad essere accolti, amati e tutelati da parte di tutti, ma e’ necessario continuare a dire la verità delle cose ai bambini, e nessuno e’ detentore di chissà quale verità se continuerà ad  affermare che un figlio nasce da un padre e da una madre.E ‘ semplicemente la realtà delle cose che in natura funzionano così da illo tempore.
Perche’ la scuola dovrebbe confondere i bambini, sin dalla più tenera eta’, dicendo che si nasce anche da due mamme e da due papa’ ?
Perche’ dovremmo mentire ai bambini sull’unico dato inequivocabile ed incontrovertibile che nascono come maschi e come femmine e vengono generati dall’unione di un maschio e di una femmina ?
Certamente è necessario aprire una riflessione in merito, perché non vi siano mai, in nessun caso discriminazioni tra bambini di una stessa classe, plesso, istituto scolastico.
La sollecitudine educativa della scuola è sempre la stessa, favorire relazioni significative, evitare differenze, offrire un clima di accoglienza, ma non obbligando i docenti di riferimento ad educare i propri alunni all’indifferenza sessuale, per non mostrare più differenze, decostruire semplici stereotipi legati alla natura dell’ essere maschi e femmine.
Questa è responsabilità educativa molto seria,  perché questi alunni oggi, nutriranno la domanda domani, dalla portata  incalcolabile : ” chi sono?”.

Avremo di che rispondere al tribunale dei bambini!

Il vero punto della questione e’ che spiegare ai propri figli che ci sono situazioni molto diverse con cui si concepiscono i figli e’ compito della famiglia, non dello Stato.
Se una famiglia vuole spiegare ai propri figli che le pratiche aberranti come quelle dell’utero in affitto, non possono essere sottaciute in luogo del solito ” se si vogliono bene che male c’e’ ” deve poterlo fare in assoluta libertà, invitando i figli a non giudicare nessuno ma neanche imitare o prendere a modello stili di vita e di genitorialita’ non conformi all’educazione che si e’ trasmessa loro.
Roma, 27 luglio 2015
Giusy D’Amico

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