QUEL PROFESSORE AL LICEO CAVOUR DI ROMA HA DETTO LA VERITA'

"Davanti a me ho una donna, non posso riferirmi a te diversamente" sarebbero le parole che un professore del liceo Cavour di Roma lo scorso martedì 8 novembre ha rivolto a un ragazzo transgender.

"Quel professore ha detto la verità."

“Quel professore al Liceo Cavour di Roma ha detto la verità.” 

“Davanti a me ho una donna, non posso riferirmi a te diversamente” sarebbero le parole che un professore del liceo Cavour di Roma lo scorso martedì 8 novembre ha rivolto a un ragazzo transgender.

“Quel professore ha detto la verità.” 

Quel professore, ha fatto esattamente ciò che un vero educatore dovrebbe fare nel dire ad un ragazzo, che è in cammino alla ricerca di definizione della propria identità, che la realtà, (soprattutto a scuola con i minori) deve rappresentare lo specchio della realtà. 

Un disagio, la ricerca sincera del proprio se, e del proprio porsi in relazione agli altri, è un percorso vero, giusto, spesso intercalato da vie sassose e ripide, e la scuola deve accompagnarlo con rispetto, cura e attenzione , oltre che continuare a farsi garante di un clima di accoglienza per tutti, questo la scuola, lo fa per dovere e vocazione da sempre, perché deve sostenere il consolidarsi di un’età ancora in continua evoluzione, tuttavia questo non la  autorizza, ad avallare  un’estensione irragionevole dell’autonomia prevista a scuola (D.P.R. 275/99, recante norme in materia di autonomia) perché essa è da intendersi come flessibilità all’interno di un quadro normativo precostituito. 

La carriera Alias  non è dentro alcun quadro normativo che consenta  applicazioni illecite, perché di fatto, questi protocolli Alias sono  contro la legge vigente; la rettificazione del sesso di una persona, con conseguente riattribuzione anagrafica, può essere disposta soltanto in seguito ad una sentenza passata in giudicato del Tribunale, il quale, solamente dopo l’accertamento dei presupposti previsti per legge, ordinerà anche la rettificazione degli atti di stato civile, consentendo il cambiamento dei dati anagrafici. 

Ad oggi non vi è alcuna normativa prevista, sulla fluidità di genere. 

Quindi stando alla legge il professore ha detto la verità. 

Il professore sul piano pedagogico, giustamente non ha incoraggiato una situazione ancora transitoria, su cui, se nel corso dei mesi o di qualche anno dovesse modificarsi (perché di fatto accade) potrebbe confondere le idee a moltissimi altri minori, su definizioni affrettate e non corrispondenti a situazioni definitive, esponendo la scuola ad essere considerata poco attendibile sulle misure da porre in essere per la salute e la stabilità emotiva dei suoi studenti, se poi deve tornare sui passi avviati e modificare in corsa provvedimenti presi, senza autorizzazioni ufficiali . 

Le domande nell’età adolescenziale sul  :

 – chi sono? 

– verso dove vado? 

– cosa desidero davvero? 

Sono domande di senso che la scuola ha il dovere di raccogliere, mediare, accompagnare, mediante l’ascolto, la cura, il dialogo, ma non può assecondare richieste non fondate giuridicamente, scientificamente, molte delle quali dopo un certo tempo, si rivelano passeggere, e non essendo ancora normate da regolamento ufficiali, non possono avanzare la pretesa di quel carattere di normativita’ di cui godono altri regolamenti ampiamente condivisi da tutti gli organi collegiali. 

Quel professore anche sul piano pedagogico ha detto la verità. 

Una delle due lettere sconcertanti, recentemente lette in un convegno su questo tema, scritte da due mamme dell’associazione De Gender diceva “…. non diremmo mai ad un bambino vestito da Superman che ci saluta da in cima a una scala che è davvero un supereroe e che quindi può volare non diremmo mai a una ragazza che pesa 50 kg che si vede grassa che può mettersi a dieta dunque non diremo ad una ragazza che sceglie un nome da maschio che è un maschio Ecco cosa succede se la realtà invece di farti da specchio si adatta alle tue fantasie ci cadi dentro senza rete di sicurezza“. 

Ecco, la scuola deve poter continuare ad essere il luogo, dove garantire quella rete di sicurezza che solo gli adulti, possono offrire ai ragazzi , non senza dopo aver consentito un ampio e accurato dibattito, il necessario approfondimento sul piano scientifico,   analizzato in controluce ogni aspetto di evidenza giuridica, psicopedagogica, e che tenga conto del patto di Corresponsabilità Educativa tra scuola e famiglia. 

Il tema è troppo sensibile, e attualmente divisivo, per essere consegnato al sentire più o meno condiviso da alcuni, senza l’ascolto serio e plurale anche di altri. 

La scuola non può anticipare sentenze del Tribunale non ancora passate in giudicato, non essendo giunto a conclusione il procedimento giudiziario il cui esito potrebbe non essere per niente scontato. Dunque azioni come la Carriera Alias, da parte delle scuole che senza autorizzazione, applicano misure tanto discutibili, non quando dannose dal punto di vista del profilo pedagogico, si configurano come provvedimenti illegittimi ed arbitrari, in quanto disposti in difetto di pronuncia dell’Autorità giudiziaria e, dunque, su una materia non ricadente nella disponibilità e nella competenza dell’Istituzione scolastica, la quale con tale attività persegue, di fatto, una finalità che nessuna legge le attribuisce.

Quindi il professore ha agito bene su tutta la linea e sarebbe opportuno lo facessero tutti gli altri. 

Roma 10 novembre 2022 

                                                                     IL Presidente

                                                             Giusy D’Amico