LA FESTA DEL PAPÀ. UN VALORE. NON UN TABÙ.

DA QUALCHE ANNO QUALCUNO SOSTIENE CHE LA FESTA DEL PAPÀ VADA RIMOSSA

Di Giusy D'Amico Sposa, mamma, nonna, docente. Presidente della Associazione Non si tocca la Famiglia

La festa del papà. Un valore. Non un tabù. 

Da qualche anno qualcuno sostiene che la festa del papà vada rimossa.

Di Giusy D’Amico 

Sposa, mamma, nonna, docente. 

Presidente della Associazione Non si tocca la Famiglia 

Lo pensa chi ritiene che in una società sempre più povera dal punto di vista della  struttura familiare” vecchio stampo”, sia una festa superata o addirittura critica, soprattutto se a celebrarla a scuola dovranno essere  tutti i bambini, compresi quelli senza padre, che per questo motivo ne soffriranno . 

Un assunto questo che pone in essere non pochi interrogativi.

La scuola dovrebbe sempre tener desta la sua vocazione nell’affrontare i molti aspetti del reale, traducendoli in occasioni di crescita, opportunità educative. 

Si perché questo vuol dire educare, incendiare il cuore di passioni, idee, soluzioni, progetti. 

In ogni classe vi è un piccolo spaccato di vita reale, talvolta cruda e sofferta non quando spensierata e felice, tuttavia sempre  vissuta in comune come nelle migliori famiglie, proprio perché la scuola è  la riproduzione in scala di una piccola comunità, che vive tutti i giorni insieme, dove si gioisce, si cresce, si gioca, si ride e si piange, camminando passo passo uno a fianco all’altro. 

Ecco allora, la presenza di bambini, forse figli di famiglie separate, oppure orfani, o abbandonati dal padre, oppure  provenienti da case famiglia ,  nonostante tale mancanza potrebbero essere aiutati nell’elaborare quel vuoto affettivo, parlandone, anche piangendo, verbalizzando desideri inespressi, nutrendo sogni forse, ma sentendosi in tutto, anche in quella mancanza, parte di un progetto di vita, non meno importante di chi un padre lo ha. 

Ricordo una bambina nello scorso ciclo di scuola primaria, che l’aveva cresciuta il nonno, per lei la festa del papà fu l’occasione per dichiarare al nonno tutto l’ amore e la riconoscenza dovuta a chi l’aveva cresciuta come una figlia. 

E un altro bambino il cui papà era deceduto due anni prima, con una bella letterina decise di portarla al cimitero sentendosi fiero di avere comunque qualcuno a cui consegnarla, fu anche il modo per parlargli, raccontare della scuola, delle gite e dei compagni. 

Emerge tanto non detto in circostanze preziose come queste che sarebbe un peccato sprecarle in nome di un politicamente corretto, anziché farle fruttificare in quell’officina di umanità meravigliosa, che è la scuola di ogni tempo. 

Potrebbe addirittura risultare discriminatorio negare alla maggioranza, di vivere la giornata della festa del papà, per rispetto di una minoranza di cui ovviamente tener conto, ma che non può condizionare quel sentire diffuso che vuole ancora parlare del ” padre” in una società sempre più orfana di padri. 

Ecco, le piccole e grandi festività anche nelle scuole hanno lo scopo di riflettere sul senso della propria vita in relazione agli altri e al mondo che ci circonda. 

Come docente pensando alla  mia classe attuale, dove ho bambini che piangono anche quando scriviamo la poesia sui nonni perché o non li hanno conosciuti perché saliti in cielo troppo presto, o forse perché lontani se vivono all’estero, o forse assenti senza un perché, cosa dovremmo fare anche lì abolire la festa dei nonni perché molti non li hanno più, o non li hanno mai avuti?

No, tenteremo di parlarne, di elaborare quel vuoto e allora mentre chiedono di raccontarsi su come sia vivere senza di loro, elaborano meglio quel lutto. 

Lo facciamo a lungo e poi tutto finisce con un pensiero, o una lunga riflessione che aiuta a costruire il pensiero critico, e a mantenere una relazione vitale con loro. 

Nella scuola puoi sperimentare che quello che non hai non è necessariamente un meno, ma un di più da interpretare, guardare con coraggio per camminare ” oltre il muro ” di tutto ciò che ci divide da un desiderio irrealizzato che però sa organizzarsi per tradursi in progetto se lasciato libero di esprimersi. 

Ecco credo che come sempre in tutte le onde anomale di tipo ideologico o culturalmente orientato, vada lasciato spazio alla creatività dei bambini in cui forse non crediamo  più abbastanza , ed è per questo che  forse impediamo loro di crescere e diventare adulti capaci di affrontare la realtà. 

Roma, 16 marzo 2023

                        Giusy D’Amico