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Scuola. Ass.ne Non si tocca la Famiglia. La solita propaganda sui presunti diritti, abolisce in una scuola a Roma la festa del papà.

Indebolire la Famiglia. Questo è il progetto finanziario più ghiotto delle multinazionali tentacolari, dove alle spalle, l’indotto economico è sterminato. Di Giusy D’Amico

Scuola. Ass.ne Non si tocca la Famiglia. La solita propaganda sui presunti diritti, abolisce in una scuola a Roma la festa del papà.Discriminata la maggioranza dei bambini che ha sempre festeggiato una ricorrenza gioiosa, ora cancellata dalla furia ideologica.

Indebolire la Famiglia. Questo è il progetto finanziario più ghiotto delle multinazionali tentacolari, dove alle spalle, l’indotto economico è sterminato.

di Giusy D’Amico

Nella scuola comunale per l’infanzia Ada Negri di Roma martedì scorso, a differenza degli anni precedenti, è stato negato ai bambini, il consueto disegno da regalare ai padri nel giorno di San Giuseppe.

Qui la dirigenza scolastica ha deciso di mettere al bando la festa, considerandola un impedimento all’inclusione delle “famiglie arcobaleno”.

Sono prima una mamma, una moglie, insegnante di scuola elementare, e presiedo da oltre 10 anni l’associazione di “Non si tocca la famiglia” composta appunto da genitori insegnanti esperti di educazione, ho sempre pensato che bambini soffrono se la mamma non ce l’hanno, non soffrono per la festa in sé, che sempre è un momento di gioia .

 E questo cambia di molto la prospettiva sull’analisi dei fatti.

Questo ho dichiarato a qualche domanda di amici, colleghi e a un paio di redazioni che mi hanno contattata come educatrice di scuola primaria e, in passato, anche di scuola dell’infanzia, ho sempre rilevato come fare festa per mamma o per papà renda lieti i bambini e li aiuti a costruire e rinforzare la loro percezione identitaria, che noi educatori abbiamo il dovere di favorire.

Ma soprattutto a fronte di una minoranza non può essere negato un diritto che invece va garantito alla maggioranza, e viceversa, individuando semmai, un criterio di mediazione che rispetti tutti.

Orfani, bambini abbandonati, figli di genitori separati, o figli di coppie omosessuali così i figli con entrambi i genitori, hanno diritto a coltivare relazioni con le due figure fondanti la loro crescita e la loro identità.

Credo che si possa spiegare la verità anche ai bambini figli di coppie arcobaleno, che un padre o una madre ce l’hanno comunque da qualche parte, non è giusto negare la presenza che c’è o che c’è stata di uno dei due genitori, che si è scelto non faccia più parte della coppia.

E non è giusto negare a tutti gli altri la gioia di far festa ai propri cari per imporre una visione tra l’altro antiscientifica, sulla coppia umana che genera la vita da due corpi uguali.

Ai bambini non si possono raccontare menzogne, si nasce da due corpi sessuati diversi.

Non c’è identità senza origine.

Ci sono bambini orfani di madre, è legittimo pensare che potrebbero sentirsi feriti, nel vedere i loro compagni celebrare una presenza di cui loro non godono, e per questo è giusto che se ne parli.

Quando un bambino non ha la mamma, perché forse è morta, va aiutato a costruire un legame con lei guardando al Cielo, perché è necessario che mantenga viva quell’appartenenza, la coltivi.

Nella mia esperienza pregressa per esempio ho avuto un’alunna orfana, che esprimeva la forte volontà di scrivere una lettera per la mamma in due copie: una la portava al cimitero e un’altra la teneva nel suo cassetto. La stessa necessità è presente nei bambini che sono stati abbandonati.

Ogni anno, in ogni ciclo di istruzione, mi capitano casi di questo tipo e percepisco come inossidabile l’esigenza del bambino di legarsi a una figura femminile, che a volte è una nonna o una zia. Così come, nel caso non abbiano il papà. Del resto, non vi è identità senza un’origine e i bambini sono assetati di figure di riferimento: per differenziarsi con il genitore del sesso opposto e per identificarsi con il genitore del proprio sesso.

Un altro bambino non aveva conosciuto il proprio papà e scrivere una lettera nel giorno della festa del papà, lo ha reso uguale agli altri, ne ha potuto parlare, elaborando meglio con i suoi compagni un vuoto con il quale dovrà misurarsi tutta la vita.

In nome di una “certa ” inclusione si escludono altri bambini, e dico certa… perché la vera inclusione, è proprio concepire e strutturare a misura di bambino, l’accesso a tematiche complesse ed esperienze da vivere sapendole trattare con strumenti diversi per affrontarle, questo é un diritto di tutti.

Decidere aprioristicamente quali siano le tematiche giuste e quali no, non trovo sia un atteggiamento costruttivo.

Anche perché ragionando così ci dovremmo aspettare che si sopprima anche l’Inno di Mameli per non offendere per esempio, gli alunni di nazionalità straniera.

La verità è che purtroppo è in atto una campagna ideologica contro la famiglia, attraverso quella “neo-lingua” che confonde le coscienze, insieme all’indottrinamento mediatico sull’inclusione, che usa termini come la valorizzazione delle differenze, l’intercultura, etc in modo ideologico e strumentale.

Questo ha ingannato molti dirigenti scolastici, che in nome dell’inclusione hanno concesso aperture molto discutibili.

La Famiglia è sotto attacco da parte di élite mondiali che agiscono affinché quel disgregamento familiare diventi quel substrato dove tutto è manipolabile, producendo nuovi consumi.

E la famiglia è un utente che non spende, non consuma, risparmia, fa sacrifici per i figli” etc, e l’obiettivo invece è farla entrare in un vortice di consumi dopo averla disgregata.

E va resa meno forte anche dal punto di vista identitario, scardinando le basi dell’umano. I nostri stessi figli che sono il bersaglio prediletto di chi ha imbracciato queste armi ideologiche, sono terreno fertile, una sorta di tabula rasa dove riscrivere tutto.

L’indottrinamento gender annulla le differenze sessuali mettendole addirittura in contrapposizione. Non è di muri tra uomini e donne che ha bisogno la nostra società, ma di ricostituire alleanze significative tra i due sessi per riaccendere la speranza e garantire la stabilità emotiva e relazionale nelle nuove generazioni.

Concludo con una considerazione sul metodo, per non scavalcare il primato educativo dei genitori andrebbe sempre seguita la normativa scolastica che valorizza il coinvolgimento partecipativo della famiglia nelle decisioni che riguardano temi eticamente sensibili, soprattutto quando si parla di minori.

Roma 22 marzo 2024

                                     Giusy D’Amico