2 aprile 2022 - Giornata mondiale sull’autismo.

Una fragilità, quella dell’autismo, che negli anni ha faticato ad essere considerata con la dovuta attenzione.

articolo di Suor Monia Alfieri

Ricorre oggi, sabato 2 aprile, la Giornata mondiale per la consapevolezza sull’autismo. Una fragilità, quella dell’autismo, che negli anni ha faticato ad essere considerata con la dovuta attenzione. Ancora oggi le Associazioni che si occupano della tutela dei diritti delle persone autistiche lamentano scarsità di mezzi e di attenzioni da parte delle Istituzioni e della società.

 

Come tutte le giornate dedicate ad un particolare tema, anche quella di oggi non può risolversi solamente in dichiarazioni e prese di posizione legate all’occasione. Potremmo dire che tutti giorni dell’anno devono essere dedicati alla difesa degli autistici, dei disabili, delle donne oggetto di violenza e via discorrendo. Insomma, tutti i giorni dell’anno dovrebbero essere dedicati alla tutela dei fragili.

 

Pensiamo, ad esempio, a quello che ha lasciato l’esperienza del Covid alle persone affette da autismo e alle loro famiglie, pensiamo a cosa ha provocato l’isolamento forzato degli ultimi due anni. Non possiamo non pensare ad un aumento del senso di abbandono e alla conseguente disperata solitudine che queste persone, assieme alle loro famiglie, hanno sperimentato.

 

Allora mi piace pensare oggi, come domani e dopodomani, a tutti i fragili della nostra società: ragazzi e ragazze, uomini e donne che spesso la società non riesce ad accompagnare con l’attenzione che meritano. Penso in particolare alla scuola, a quello che i genitori di un bambino autistico devono affrontare, alla realtà quotidiana fatta spesso di isolamento, di mancata integrazione, di porte chiuse. Penso a quei bambini e ragazzi disabili che sono vittime di violenza e di bullismo da parte dei compagni. Come noi adulti rispondiamo a queste realtà di violenza così abominevole? Il Governo di unità nazionale ha fatto molto, il Ministro Bianchi ha disposto lo stanziamento di fondi per il supporto alle scuole tutte, statali e paritarie, nell’affrontare, con i mezzi adeguati e professionali, le diverse fragilità degli studenti italiani. Certo la strada è ancora lunga ma guardiamo al bene che è stato compiuto.

 

Mi capita frequentemente di ascoltare dalla viva voce delle persone coinvolte o di ricevere lettere e messaggi da parte di genitori di ragazzi con bisogni educativi speciali che raccontano storie di esclusione, di allontanamento, di emarginazione. La scuola che non ha accolto, la scuola che ha minimizzato il problema, la scuola che ha allontanato, la scuola che non è intervenuta. No, queste situazioni non sono degne di un paese civile, non sono degne dell’Italia del 2022. Certamente, dall’altra parte, vengo a sapere di storie di integrazione, di accoglienza: quando le sento, ammetto che ne rimango veramente edificata. Tuttavia sussiste un problema ed è questo: sovente le storie di fattiva integrazione sono fondate sulla volontà del singolo, sia egli un docente, un preside, il referente di un’associazione. E’ persino inutile sottolineare che tutto questo non può bastare: occorre creare un vero e proprio sistema di integrazione, un sistema che veda come attori protagonisti genitori, docenti, studenti, Enti locali. Solo così potrà essere offerta una reale chance di inserimento nella scuola e, conseguentemente, nella società. Occorre pertanto una presa in carico del fragile da parte di tutti gli attori coinvolti. Lo voglio ripetere, perché non voglio non fare emergere i passi positivi compiuti: molto è stato fatto ed ottenuto, sed non sufficit.

 

Lo abbiamo visto con l’accoglienza degli studenti esuli ucraini: l’accoglienza non può risolversi in un parcheggio né può essere fondata sul volontarismo dei singoli. Che sia il bambino affetto da autismo, il ragazzo disabile, la giovane studentessa ucraina, la posta in gioco è alta ed è sempre la stessa: accogliere, integrare, creare sinergie sapienti e capaci di costruire. Diversamente scuola e società saranno sempre più spesso chiamate a gestire – gestire non significa affrontare –  le conseguenze della mancata integrazione, ossia una percentuale di violenza che già è cresciuta e che è destinata ad aumentare se non ne saranno eliminate le cause.

 

Facciamo allora in modo che tutti i giorni siano dedicati ai fragili e alla loro integrazione: ne beneficeremo tutti, soprattutto coloro che fragili non sono o ritengono di non esserlo.

di Suor Monia Alfieri

Roma 02 aprile 2022