Domenico Menorello e
Massimo Gandolfini sul DDL 104 recante “disposizioni per la morte medicalmente assistita”
In occasione dell’ingresso in aula al Senato del DDL 104/2024 primo firmatario Bazoli, recante “disposizioni per la morte medicalmente assistita”, abbiamo esplorato con Domenico Menorello e Massimo Gandolfini le implicazioni giuridiche, etiche e mediche di questo disegno di legge e l'importanza delle cure palliative.
L’intera puntata può essere rivista sul canale YouTube dell’associazione Non Si Tocca la Famiglia e in calce all’articolo
Domenico Menorello, coordinatore “Network Sui Tetti” e vicepresidente Movimento per la Vita
Massimo Gandolfini, neurochirurgo e presidente dell’Associazione Family Day
Domenico Menorello perché considera il ddl 104 una proposta di legge iniqua?
Il ddl 104, firmato da Bazzoli, rappresenta una proposta di legge iniqua per vari motivi. In primo luogo, essa introduce un cambiamento radicale nel modo in cui la società percepisce la vita e la morte. Non possiamo ignorare il fatto che una legge, per il suo stesso significato, deve indicare un bene per la società. Tuttavia, il ddl 104 invia un messaggio pericoloso: che le vite fragili, quelle segnate da malattia o sofferenza, possono essere considerate non solo come un peso, ma addirittura come qualcosa di cui liberarsi. Questo approccio è radicato in una concezione individualista e relativista del valore della vita, dove il valore è collegato alla capacità di autodeterminazione. In altre parole, una persona vale solo se è in grado di esercitare il proprio potere sulla propria vita. Quando questa capacità viene meno, come avviene in situazioni di fragilità, la vita perde il suo valore. Questo è un messaggio devastante per le persone vulnerabili, che potrebbero sentirsi abbandonate dalla società.
Qual è l’aggiornamento sui lavori parlamentari riguardo al ddl Bazzoli?
Attualmente, il ddl Bazzoli è stato rimandato in commissione, il che rappresenta una notizia positiva. Questo rinvio offre un’opportunità per riflettere più attentamente sulle implicazioni di questa legge. È fondamentale che i parlamentari considerino le conseguenze a lungo termine di una legge che potrebbe cambiare radicalmente la nostra concezione di cura e assistenza. Le leggi di questo tipo non solo influenzano il sistema sanitario, ma inviano anche un messaggio culturale che può avere effetti devastanti su come trattiamo le persone in difficoltà.
Quali potrebbero essere le conseguenze di una legge che cambia il concetto di cura?
Una legge che modifica il concetto di cura può avere conseguenze devastanti per le vite fragili. Se la società inizia a vedere la morte come una soluzione accettabile per coloro che soffrono, ciò può portare a una diminuzione della qualità delle cure palliative e a un aumento dell’abbandono nei confronti di chi ha bisogno di sostegno. È essenziale mantenere il focus sulla cura e sull’accompagnamento, piuttosto che sulla somministrazione della morte come opzione. Le leggi che promuovono l’eutanasia o il suicidio assistito possono anche influenzare il modo in cui i medici e gli operatori sanitari percepiscono il loro ruolo. Invece di essere visti come custodi della vita, potrebbero essere percepiti come esecutori di morti, il che è in netto contrasto con la missione della medicina. È fondamentale che il servizio sanitario nazionale continui a focalizzarsi sulla cura e sul supporto, piuttosto che sulla morte.
Come potremmo definire il concetto di valore legato all’individuo?
Il concetto di valore legato all’individuo non può essere ridotto a semplici parametri di produttività o successo. Ogni vita ha un valore intrinseco, indipendentemente dalle circostanze. La fragilità, la malattia e la sofferenza non diminuiscono il valore di una persona; al contrario, possono rappresentare momenti di grande dignità e significato. La vera sfida è riconoscere e valorizzare queste vite, piuttosto che considerarle come un peso per la società. La nostra società deve scegliere se abbracciare una visione del valore umano che riconosca la dignità di tutti, o se accettare un modello in cui solo chi è in grado di “performare” ha valore. Questa scelta avrà ripercussioni profonde sulla nostra cultura e sul modo in cui trattiamo le persone più vulnerabili.
Quali sono i rischi di abbandono per le vite fragili?
I rischi di abbandono per le vite fragili sono molteplici e gravi. Quando una società inizia a vedere la morte come una soluzione accettabile per le vite segnate dalla sofferenza, si crea un clima di isolamento e di disvalore. Le persone fragili possono sentirsi sempre più sole e dimenticate, senza il supporto necessario per affrontare le loro difficoltà. Questo può portare a un aumento delle richieste di eutanasia, non perché le persone desiderino realmente morire, ma perché si sentono abbandonate e senza speranza. È fondamentale che le istituzioni e la società nel suo complesso si impegnino attivamente per garantire che tutte le persone, indipendentemente dalle loro condizioni, ricevano il supporto e le cure di cui hanno bisogno. Le cure palliative e l’accompagnamento devono essere la priorità, piuttosto che la somministrazione della morte. Solo così possiamo garantire che nessuno venga lasciato indietro e che ogni vita sia considerata preziosa.
Cosa dicono le statistiche riguardo all’introduzione di leggi eutanasiche?
Le statistiche sul tema dell’eutanasia rivelano una realtà preoccupante. Recenti studi condotti da esperti dimostrano che nei paesi dove sono state introdotte leggi eutanasiche, le richieste di morte da parte di individui fragili sono aumentate in modo esponenziale. Questo fenomeno è particolarmente evidente in nazioni come il Canada, dove la curva delle domande di eutanasia ha raggiunto livelli allarmanti. Questo trend suggerisce che l’introduzione di leggi che legalizzano l’eutanasia non solo rende più accettabile la morte come soluzione, ma può anche contribuire a un clima di abbandono nei confronti delle persone vulnerabili. Quando una legge stabilisce che la morte è un’opzione, si invia un messaggio potente: la vita fragile non è degna di essere vissuta. Questo è un messaggio devastante per coloro che si trovano in situazioni di sofferenza e malattia.
Qual è la posizione della Corte costituzionale riguardo all’eutanasia?
La Corte costituzionale ha espresso chiaramente la sua posizione riguardo all’eutanasia. In diverse sentenze, ha affermato che aiutare una persona a togliersi la vita non è sempre considerato reato, ma ha anche sottolineato che questo non implica un obbligo da parte degli ospedali di somministrare la morte. È importante notare che la Corte ha aperto uno spazio di discussione, ma ha anche messo in guardia contro l’interpretazione errata delle sue decisioni. In effetti, le sentenze della Corte non devono essere confuse con un’assunzione di responsabilità da parte del servizio sanitario nazionale per praticare l’eutanasia. La missione principale del servizio sanitario è quella di curare e assistere, non di infliggere la morte. Pertanto, è fondamentale che i decisori politici e i professionisti del settore sanitario mantengano chiara la distinzione tra questi due aspetti.
Come può la società evitare di scivolare verso l’obbligo di morte?
Per evitare di scivolare verso un obbligo di morte, è essenziale promuovere una cultura della vita e della dignità umana. Questo significa investire nelle cure palliative e nelle politiche di supporto per le persone fragili, piuttosto che considerare l’eutanasia come una soluzione. Le istituzioni devono lavorare per garantire che ogni individuo, indipendentemente dalle proprie condizioni, riceva il sostegno necessario per affrontare le difficoltà della vita. Inoltre, è fondamentale sensibilizzare la società sui rischi insiti nelle leggi eutanasiche. La comunicazione e l’educazione sono strumenti chiave per far comprendere l’importanza di una risposta umana e solidale alla sofferenza, piuttosto che una risposta che promuove la morte come soluzione. La società deve essere unita nel riconoscere il valore intrinseco di ogni vita.
Massimo Gandolfini, qual è il ruolo del servizio sanitario nazionale in questo contesto?
Il servizio sanitario nazionale ha un ruolo cruciale nella gestione della questione eutanasica. La sua missione deve rimanere focalizzata sulla cura e sul supporto, piuttosto che sull’assistenza alla morte. È fondamentale che i professionisti della salute siano formati per affrontare la sofferenza in modo umano e dignitoso, utilizzando le risorse disponibili, come le cure palliative. Inoltre, il servizio sanitario deve garantire che le leggi esistenti siano rispettate e che non ci sia spazio per interpretazioni giuridiche che possano portare a un obbligo di morte. Il rispetto delle sentenze della Corte costituzionale è fondamentale per evitare confusione e derive pericolose all’interno del sistema sanitario.
Cosa puoi dirci riguardo alla medicina palliativa?
La medicina palliativa rappresenta una risposta fondamentale alla sofferenza dei pazienti. Essa si concentra sul miglioramento della qualità della vita dei malati, affrontando non solo il dolore fisico, ma anche il disagio emotivo e psicologico. Grazie a un approccio globale, la medicina palliativa offre supporto non solo ai pazienti, ma anche alle loro famiglie. Un aspetto significativo della medicina palliativa è la sua capacità di ridurre le richieste di eutanasia. Dove le cure palliative sono adeguatamente implementate, le statistiche dimostrano un calo delle richieste di morte assistita. Questo evidenzia l’importanza di investire in servizi di assistenza che possano rispondere ai bisogni reali dei pazienti, piuttosto che offrire la morte come soluzione.
In che modo la medicina palliativa può rispondere alla sofferenza?
La medicina palliativa è un approccio fondamentale per affrontare la sofferenza dei pazienti. Essa si concentra non solo sul dolore fisico, ma anche sulle dimensioni emotive e psicologiche del dolore. Attraverso un supporto globale, la medicina palliativa mira a migliorare la qualità della vita, consentendo ai pazienti di affrontare le loro sfide con dignità e comfort. Le cure palliative offrono un “mantello” per il malato, come si suol dire, proteggendolo dalle sofferenze insopportabili. Questo approccio è particolarmente rilevante per coloro che si trovano in situazioni di fragilità. Non si tratta semplicemente di alleviare il dolore, ma di accompagnare il paziente in un percorso di vita fino alla fine, garantendo che non si senta solo o abbandonato. In contesti dove le cure palliative sono adeguatamente implementate, si osserva una significativa riduzione delle richieste di eutanasia. Ciò dimostra che il supporto e l’accompagnamento possono rispondere efficacemente alla disperazione e all’isolamento che spesso portano a tali richieste. L’obiettivo è creare un ambiente in cui la vita, anche nella sofferenza, possa essere vissuta con dignità.
Perché è importante potenziare la legge sulla medicina palliativa?
Potenziare la legge sulla medicina palliativa è cruciale per garantire che ogni paziente riceva le cure necessarie. La legge esistente, approvata nel 2010, rappresenta un passo significativo, ma è fondamentale che venga adeguatamente attuata e finanziata. Investire in cure palliative significa investire nella vita e nella dignità delle persone che affrontano malattie gravi. Un potenziamento della legge potrebbe comportare una maggiore formazione per i professionisti della salute, migliorando la loro capacità di rispondere alle esigenze dei pazienti. Inoltre, una maggiore sensibilizzazione della popolazione riguardo all’importanza delle cure palliative potrebbe contribuire a ridurre lo stigma associato alla sofferenza e alla fragilità. Le statistiche mostrano chiaramente che dove le cure palliative sono ben implementate, le richieste di eutanasia diminuiscono drasticamente. Questo evidenzia la necessità di un impegno collettivo per garantire che ogni individuo, indipendentemente dalle sue condizioni, abbia accesso a un supporto adeguato e umano.
Quali messaggi vuole inviare riguardo all’emergenza eutanasia?
Riguardo all’emergenza eutanasia, è fondamentale sottolineare che la vera risposta alla sofferenza non è la morte, ma la cura. L’eutanasia, spesso vista come un’opzione, non affronta le cause profonde della sofferenza. Le persone che chiedono l’eutanasia spesso lo fanno da una posizione di disperazione e isolamento, non perché desiderino effettivamente morire, ma perché si sentono abbandonate. È essenziale promuovere una cultura della vita, in cui ogni individuo sia riconosciuto e valorizzato. In questo contesto, la medicina palliativa gioca un ruolo cruciale. Essa deve essere vista come la risposta principale alla sofferenza, un’alternativa all’eutanasia che offre accompagnamento e supporto. Dobbiamo lavorare insieme per garantire che ogni persona abbia accesso a queste cure, piuttosto che considerare la morte come una soluzione accettabile.
Qual è il messaggio finale che volete condividere?
Domenico Menorello: Il messaggio finale è chiaro: ogni vita ha un valore intrinseco, indipendentemente dalle circostanze. La fragilità e la sofferenza non diminuiscono il valore di una persona, ma possono rappresentare momenti di grande dignità e significato. È fondamentale che la società intera si impegni a proteggere e valorizzare ogni vita, garantendo che nessuno venga lasciato indietro.
Massimo Gandolfini: Investire nelle cure palliative è un investimento nella dignità umana. Dobbiamo abbracciare una visione della vita che riconosca l’importanza della cura e dell’accompagnamento, piuttosto che la morte come opzione. La vera risposta alla sofferenza è la presenza, l’ascolto e il supporto, non l’abbandono. Solo così possiamo costruire una società che rispetti e valorizzi ogni vita.